Novella Nona
[Voice: panfilo]
[001]
Il Saladino
in forma di mercatante è onorato da
messer Torello
; fassi il passaggio;
messer Torello
dà un termine alla donna sua a rimaritarsi; è preso e per acconciare uccelli viene in notizia del soldano, il quale, riconosciutolo e sé fatto riconoscere, sommamente l'onora;
messer Torello
inferma e per arte magica in una notte n'è recato a
Pavia
; e alle nozze che della rimaritata sua moglie si facevano da lei riconosciuto con lei a casa sua se ne torna.
[002]
Aveva alle sue parole già
Filomena
fatta fine, e la magnifica gratitudine di
Tito
da tutti parimente era stata commendata molto, quando
il re
, il deretano luogo riserbando a
Dioneo
, cosí cominciò a parlare:
[003]
Vaghe donne, senza alcun fallo
Filomena
, in ciò che del l'amistà dice, racconta il vero e con ragione nel fine delle sue parole si dolfe lei oggi cosí poco da' mortali esser gradita.
[004]
E se noi qui per dover correggere i difetti mondani o pur per riprendergli fossimo, io seguiterei con diffuso sermone le sue parole; ma per ciò che altro è il nostro fine, a me è caduto nel animo di dimostrarvi, forse con una istoria assai lunga ma piacevol per tutto, una delle magnificenzie del
Saladino
, acciò che per le cose che nella mia novella udirete, se pienamente l'amicizia d'alcuno non si può per li nostri vizii acquistare, almeno diletto prendiamo del servire, sperando che quando che sia di ciò merito ci debba seguire.
[005]
Dico adunque che, secondo che alcuni affermano, al tempo dello
imperador Federigo primo
a racquistar la
Terra Santa
si fece per li cristiani un general passaggio. La qual cosa
il Saladino
, valentissimo signore e allora soldano di
Babilonia
, alquanto dinanzi sentendo, seco propose di voler personalmente vedere gli parecchiamenti de' signori cristiani a quel passaggio, per meglio poter provedersi.
[006]
E ordinato in
Egitto
ogni suo fatto, sembiante faccendo d'andare in pellegrinaggio, con due de' suoi maggiori e piú savi
uomini
e con tre
famigliari
solamente, in forma di mercatante si mise in cammino.
[007]
E avendo cerche molte provincie cristiane e per
Lombardia
cavalcando per passare oltre a' monti, avvenne che, andando da
Melano
a
Pavia
e essendo già vespro, si scontrarono in un gentile uomo, il cui nome era
messer Torello di Stra da Pavia
: il quale con suoi famigliari e con cani e con falconi se n'andava a dimorare a un suo bel
luogo
il quale sopra 'l
Tesino
aveva.
[008]
Li quali come
messer Torel
vide, avvisò che gentili uomini e stranier fossero e disiderò d'onorargli; per che, domandando
il Saladino
un de' suoi famigliari quanto ancora avesse di quivi a
Pavia
e se a ora giugner potesse d'entrarvi, non lasciò rispondere al famigliar ma rispose egli:
Signori, voi non potrete a
Pavia
pervenire a ora che dentro possiate entrare
.
[009]
Adunque,
disse
il Saladino
piacciavi d'insegnarne, per ciò che stranier siamo, dove noi possiamo meglio albergare
.
[010]
Messer Torello
disse:
Questo farò io volentieri; io era testé in pensiero di mandare un di questi miei infin vicin di
Pavia
per alcuna cosa: io nel manderò con voi, e egli vi conducerà in parte dove voi albergherete assai convenevolmente
.
[011]
E al piú discreto de' suoi accostatosi, gl'impose quello che egli avesse a fare e mandol con loro; e egli al suo
luogo
andatosene, prestamente, come si poté il meglio, fece ordinare una bella cena e metter le tavole in un suo giardino; e questo fatto, sopra la porta se ne venne a aspettargli. Il famigliare, ragionando co'
gentili uomini
di diverse cose, per certe strade gli trasviò e al luogo del suo signore, senza che essi se n'accorgessero, condotti gli ebbe.
[012]
Li quali come
messer Torel
vide, tutto a piè fattosiloro incontro ridendo disse:
Signori, voi siate i molto ben venuti
.
[013]
Il Saladino
, il quale accortissimo era, s'avide che questo
cavaliere
aveva dubitato che essi non avesser tenuto lo 'nvito se, quando gli trovò, invitati gli avesse; per ciò, acciò che negar non potessero d'esser la sera con lui, con ingegno a casa sua gli aveva condotti; e risposto al suo saluto, disse:
Messere, se de' cortesi uomini l'uom si potesse ramaricare, noi ci dorremmo di voi il quale, lasciamo stare del nostro cammino che impedito alquanto avete ma senza altro essere stata da noi la vostra benivolenzia meritata che d'un sol saluto, a prender sí alta cortesia, come la vostra è, n'avete quasi costretti
.
[014]
Il cavalier
, savio e ben parlante, disse:
Signori, questa che voi ricevete da me, a rispetto di quella che vi si converrebbe, per quello che io ne' vostri aspetti comprenda, fia povera cortesia; ma nel vero fuor di
Pavia
voi non potreste essere stati in luogo alcun che buon fosse, e per ciò non vi sia grave l'avere alquanto la via traversata per un poco meno disagio avere
.
[015]
E cosí dicendo, la sua famiglia venuta da torno a costoro, come smontati furono, i cavalli adagiarono; e messer Torello i tre gentili uomini menò alle camere per loro apparecchiate, dove gli fece scalzare e rinfrescare alquanto con freschissimi vini e in ragionamenti piacevoli infino all'ora di poter cenare gli ritenne.
[016]
Il Saladino
e'
compagni
e'
famigliari
tutti sapevan latino, per che molto bene intendevano e erano intesi, e pareva a ciascun di loro che questo
cavalier
fosse il piú piacevole e 'l piú costumato uomo e quegli che meglio ragionasse che alcuno altro che ancora n'avesser veduto.
[017]
A
messer Torello
d'altra parte pareva che costoro fossero magnifichi uomini e da molto piú che avanti stimato non avea, per che seco stesso si dolea che di compagnia e di piú solenne convito quella sera non gli poteva onorare; laonde egli pensò di volere la seguente mattina ristorare, e informato un de' suoi famigli di ciò che far volea, alla sua
donna
, che savissima era e di grandissimo animo, nel mandò a
Pavia
, assai quivi vicina e dove porta alcuna non si serrava.
[018]
E appresso questo menati
i gentili uomini
nel giardino, cortesemente gli domandò chi e' fossero; al quale
il Saladino
rispose:
Noi siamo mercatanti cipriani e di
Cipri
vegniamo e per nostre bisogne andiamo a
Parigi
.
Allora disse
messer Torello
:
Piacesse a Dio che questa nostra contrada producesse cosí fatti gentili uomini, chenti io veggio che
Cipri
fa mercatanti!
[019]
E di questi ragionamenti in altri stati alquanto, fu di cenar tempo: per che a loro l'onorarsi alla tavola commise, e quivi, secondo cena sproveduta, furono assai bene e ordinatamente serviti. Né guari, dopo le tavole levate, stettero che, avvisandosi
messer Torello
loro essere stanchi, in bellissimi letti gli mise a riposare, e esso similmente poco appresso s'andò a dormire.
[020]
Il famigliar mandato a
Pavia
fé l'ambasciata alla
donna
, la quale non con feminile animo ma con reale, fatti prestamente chiamar degli amici e de' servidori di
messer Torello
assai, ogni cosa oportuna a grandissimo convito fece apparecchiare e a lume di torchio molti de' piú nobili
cittadini
fece al convito invitare, e fé torre panni e drappi e vai e compiutamente mettere in ordine ciò che dal marito l'era stato mandato a dire.
[021]
Venuto il giorno,
i gentili uomini
si levarono, co' quali
messer Torello
montato a cavallo e fatti venire i suoi falconi, a un guazzo vicin gli menò e mostrò loro come essi volassero; ma dimandando
il Saladino
d'alcuno che a
Pavia
e al migliore albergo gli conducesse, disse
messer Torello
:
Io sarò desso, per ciò che esser mi vi conviene
.
[022]
Costoro credendolsi furon contenti e insieme con lui entrarono in cammino; e essendo già terza e essi alla città pervenuti, avvisando d'essere al migliore albergo inviati, con
messer Torello
alle sue case pervennero, dove già ben cinquanta de' maggior cittadini eran venuti per ricevere
i gentili uomini
, a' quali subitamente furon dintorno a' freni e alle staffe.
[023]
La qual cosa
il Saladino
e'
compagni
veggendo, troppo ben s'avisaron ciò che era e dissono:
Messer Torello
, questo non è ciò che noi v'avam domandato: assai n'avete questa notte passata fatto e troppo piú che noi non vagliamo, per che acconciamente ne potavate lasciare andare al cammin nostro
.
[024]
A' quali
messer Torello
rispose:
Signori
, di ciò che iersera vi fu fatto, so io grado alla fortuna piú che a voi, la quale a ora vi colse in cammino che bisogno vi fu di venire alla mia piccola casa: di questo di stamattina sarò io tenuto a voi, e con meco insieme tutti questi
gentili uomini
che dintorno vi sono, a' quali se cortesia vi par fare il negar di voler con lor desinare, far lo potete, se voi volete
.
[025]
Il Saladino
e'
compagni
vinti smontarono, e ricevuti da'
gentili uomini
lietamente furono alle camere menati, le quali ricchissimamente per loro erano apparecchiate; e posti giú gli arnesi da camminare e rinfrescatisi alquanto, nella sala, dove splendidamente era apparecchiato, vennero; e data l'acqua alle mani e a tavola messi con grandissimo ordine e bello, di molte vivande magnificamente furon serviti, in tanto che, se
lo 'mperadore
venuto vi fosse, non si sarebbe piú potuto fargli d'onore.
[026]
E quantunque
il Saladino
e' compagni fossero gran signori e usi di veder grandissime cose, nondimeno si maravigliarono essi molto di questa, e lor pareva delle maggiori, avendo rispetto alla qualità del
cavaliere
il qual sapevano che era cittadino e non signore.
[027]
Finito il mangiare e le tavole levate, avendo alquanto d'alte cose parlato, essendo il caldo grande, come a
messer Torel
piacque,
i gentili uomini
di
Pavia
tutti s'andarono a riposare; e esso con li suoi tre rimase, e con loro in una camera entratosene, acciò che niuna sua cara cosa rimanesse che essi veduta non avessero, quivi si fece la sua valente
donna
chiamare.
[028]
La quale, essendo bellissima e grande della persona e di ricchi vestimenti ornata, in mezzo di due suoi figlioletti, che parevan due agnoli, se ne venne davanti a costoro e piacevolmente gli salutò. Essi vedendola si levarono in piè e con reverenzia la ricevettero, e fattala sedere fra loro gran festa fecero de' due belli suoi figlioletti.
[029]
Ma poi che con loro in piacevoli ragionamenti entrata fu, essendosi alquanto partito
messer Torello
, essa piacevolmente donde fossero e dove andassero gli domandò; alla quale i gentili uomini cosí risposero come a
messer Torello
avevan fatto.
[030]
Allora
la donna
con lieto viso disse:
Adunque veggo che il mio feminile avviso sarà utile, e per ciò vi priego che di spezial grazia mi facciate di non rifiutare né avere a vile quel piccioletto dono il quale io vi farò venire, ma considerando che le donne secondo il lor picciol cuore piccole cose danno, piú al buono animo di chi dà riguardando che alla quantità del don, riguardiate
.
[031]
E fattesi venire per ciascuno due paia di robe, l'un foderato di drappo e l'altro di vaio, non miga cittadine né da mercatanti ma da signore, e tre giubbe di zendado e pannilini, disse:
Prendete queste: io ho delle robe il mio signore vestito con voi: l'altre cose, considerando che voi siate alle vostre donne lontani e la lunghezza del cammin fatto e quella di quel che è a fare e che i mercatanti son netti e dilicati uomini, ancor che elle vaglian poco, vi potranno esser care
.
[032]
I gentili uomini
si maravigliarono e apertamente conobber
messer Torello
niuna parte di cortesia voler lasciare a far loro, e dubitarono, veggendo la nobilità delle robe non mercatantesche, di non essere da
messer Torel
conosciuti: ma pure alla
donna
rispose l'un di loro:
Queste son, madonna, grandissime cose e da non dover di leggier pigliare, se i vostri prieghi a ciò non ci strignessero, alli quali dir di no non si puote
.
[033]
Questo fatto, essendo già
messer Torel
ritornato,
la donna
, accomandatigli a Dio, da lor si partí, e di simili cose di ciò, quali a loro si convenieno, fece provedere a'
famigliari
.
Messer Torello
con molti prieghi impetrò da loro che tutto quel dí dimorasson con lui; per che, poi che dormito ebbero, vestitisi le robe loro, con
messer Torello
alquanto cavalcar per
la città
, e l'ora della cena venuta, con molti onorevoli compagni magnificamente cenarono.
[034]
E quando tempo fu, andatisi a riposare, come il giorno venne sú si levarono e trovarono in luogo de' loro ronzini stanchi tre grossi pallafreni e buoni, e similmente nuovi cavalli e forti alli lor
famigliari
; la qual cosa veggendo
il Saladino
, rivolto a' suoi compagni disse:
[035]
Io giuro a Dio che piú compiuto uomo né piú cortese né piú avveduto di
costui
non fu mai; e se li re cristiani son cosí fatti re verso di sé chente costui è cavaliere, al soldano di
Babilonia
non ha luogo l'aspettarne pure un, non che tanti, per addosso andargliene, veggiam che s'apparecchiano!
; ma sappiendo che il rinunziargli non avrebbe luogo, assai cortesemente ringraziandolne montarono a cavallo.
[036]
Messer Torello
con molti compagni gran pezza di via gli accompagnarono fuori della
città
, e quantunque al
Saladino
il partirsi da
messer Torello
gravasse, tanto già innamorato se n'era, pure, strignendolo l'andata, il pregò che indietro se ne tornasse; il quale, quantunque duro gli fosse il partirsi da loro, disse:
[037]
Signori
, io il farò poi che vi piace, ma cosí vi vo' dire: io non so chi voi vi siete, né di saperlo piú che vi piaccia addomando; ma chi che voi vi siate, che voi siate mercatanti non lascerete voi per credenza a me questa volta: e a Dio vi comando
.
[038]
Il Saladino
, avendo già da tutti i compagni di
messer Torello
preso commiato, gli rispose dicendo:
Messere, egli potrà ancora avvenire che noi vi farem vedere di nostra mercatantia, per la quale noi la vostra credenza raffermeremo: e andatevi con Dio
.
[039]
Partissi adunque
il Saladino
e'
compagni
con grandissimo animo, se vita gli durasse e la guerra la quale aspettava nol disfacesse, di fare ancora non minore onore a
messer Torello
che egli a lui fatto avesse; e molto e di lui e della sua
donna
e di tutte le sue cose e atti e fatti ragionò co' compagni, ogni cosa piú commendando.
[040]
Ma poi che tutto il Ponente non senza gran fatica ebbe cercato, entrato in mare, co' suoi compagni se ne tornò in
Alessandra
, e pienamente informato si dispose alla difesa.
Messer Torello
se ne tornò in
Pavia
, e in lungo pensier fu chi questi tre esser potessero, né mai al vero non aggiunse né s'appressò.
[041]
Venuto il tempo del passaggio e faccendosi l'apparecchiamento grande per tutto,
messer Torello
, non obstanti i prieghi della sua
donna
e le lagrime, si dispose a andarvi del tutto: e avendo ogni appresto fatto e essendo per cavalcare, disse alla sua donna, la quale egli sommamente amava:
[042]
Donna, come tu vedi, io vado in questo passaggio sí per onor del corpo e sí per salute dell'anima: io ti raccomando le nostre cose e 'l nostro onore; e per ciò che io sono dell'andar certo e del tornare, per mille casi che posson sopravenire, niuna certezza ho, voglio io che tu mi facci una grazia: che che di me s'avegna, ove tu non abbi certa novella della mia vita, che tu m'aspetti uno anno e un mese e un dí senza rimaritarti, incominciando da questo dí che io mi parto
.
[043]
La donna
, che forte piagneva, rispose:
Messer Torello
, io non so come io mi comporterò il dolore nel qual, partendovi, voi mi lasciate; ma dove la mia vita sia piú forte di lui e altro di voi avvenisse, vivete e morite sicuro che io viverò e morrò moglie di
messer Torello
e della sua memoria
.
[044]
Alla qual
messer Torel
disse:
Donna
, certissimo sono che, quanto in te sarà, che questo che tu mi prometti avverrà; ma tu se' giovane donna e se' bella e se' di gran parentado, e la tua vertú è molta e è conosciuta per tutto.
[045]
Per la qual cosa io non dubito che molti grandi e gentili uomini, se niente di me si suspicherà, non ti domandino a' tuoi fratelli e parenti, dagli stimoli de' quali, quantunque tu vogli, non ti potrai difendere e per forza ti converrà compiacere a' voler loro e questa è la cagion per la quale io questo termine e non maggior ti domando
.
[046]
La donna
disse:
Io farò ciò che io potrò di quello che detto v'ho; e quando pure altro far mi convenisse, io v'ubidirò di questo che m'imponete certamente. Priego io Idio che a cosí fatti termini né voi né me rechi a questi tempi!
[047]
Finite le parole,
la donna
piagnendo abbracciò messer Torello e trattosi di dito uno anello gliele diede dicendo:
Se egli avviene che io muoia prima che io vi rivega, ricordivi di me quando il vedrete
.
[048]
E egli presolo montò a cavallo e, detto a ogn'uomo adio, andò a suo viaggio: e pervenuto a
Genova
con sua compagnia, montato in galea andò via, e in poco tempo pervenne a
Acri
e con l'altro essercito di cristian si congiunse.
[049]
Nel quale quasi a mano a man cominciò una grandissima infermeria e mortalità, la qual durante, qual che si fosse l'arte o la fortuna del
Saladino
, quasi tutto il rimaso degli scampati cristiani da lui a man salva fur presi, e per molte città divisi e impregionati.
[050]
Fra' quali presi
messer Torello
fu uno, e in
Alessandria
menato in prigione: dove non essendo conosciuto, e temendo esso di farsi conoscere, da necessità costretto si diede a conciare uccelli, di che egli era grandissimo maestro. E per questo a notizia venne del
Saladino
: laonde egli di prigione il trasse e ritennelo per suo falconiere.
[051]
Messer Torello
, che per altro nome che il cristiano dal
Saladino
non era chiamato, il quale egli non riconosceva né il soldan lui, solamente in
Pavia
l'animo avea e piú volte di fuggirsi aveva tentato né gli era venuto fatto;
[052]
per che esso, venuti certi genovesi per ambasciadori al
Saladino
per la ricompera di certi lor cittadini e dovendosi partire, pensò di scrivere alla
donna
sua come egli era vivo e a lei come piú tosto potesse tornerebbe e che ella l'attendesse, e cosí fece; e caramente pregò un degli ambasciadori, che conoscea, che facesse che quelle alle mani dell'
abate di San Piero in Ciel d'Oro
, il quale suo zio era, pervenissero.
[053]
E in questi termini stando
messer Torello
, avvenne un giorno che, ragionando con lui il Saladino di suoi uccelli,
messer Torello
cominciò a sorridere e fece uno atto con la bocca il quale
il Saladino
, essendo a casa sua a
Pavia
, aveva molto notato; per lo quale atto al
Saladino
tornò alla mente
messer Torello
, e cominciò fiso a riguardallo e parvegli desso: per che, lasciato il primo ragionamento, disse:
Dimmi, cristiano, di che paese se' tu di Ponente?
[054]
Signor mio,
disse
messer Torello
io son lombardo, d'una città chiamata
Pavia
, povero uomo e di bassa condizione
.
[055]
Come
il Saladino
udí questo, quasi certo di quello che dubitava, fra sé lieto disse:
Dato m'ha Idio tempo di mostrare a costui quanto mi fosse a grado la sua cortesia
: e senza altro dire, fattisi tutti i suoi vestimenti in una camera acconciare, nel menò dentro e disse:
Guarda, cristiano, se tra queste robe n'è alcuna che tu vedessi già mai
.
[056]
Messer Torello
cominciò a guardare e vide quelle che al
Saladino
aveva la sua
donna
donate ma non estimò dover potere essere che desse fossero; ma tuttavia rispose:
Signor mio, niuna ce ne conosco; è ben vero che quelle due somiglian robe di che io già con tre mercatanti, che a casa mia capitarono, vestito ne fui
.
[057]
Allora
il Saladino
, piú non potendo tenersi, teneramente l'abbracciò dicendo:
Voi siete
messer Torel di Stra
e io son l'uno de' tre mercatanti a' quali
la donna
vostra donò queste robe; e ora è venuto il tempo di far certa la vostra credenza qual sia la mia mercatantia, come nel partirmi da voi dissi che potrebbe avvenire
.
[058]
Messer Torello
, questo udendo, cominciò a esser lietissimo e a vergognarsi: a esser lieto d'avere avuto cosí fatto oste, a vergognarsi che poveramente gliele pareva aver ricevuto; a cui
il Saladin
disse:
Messer Torello
, poi che Idio qui mandato mi v'ha, pensate che non io oramai, ma voi qui siate il signore
.
[059]
E fattasi la festa insieme grande, di reali vestimenti il fé vestire; e nel cospetto menatolo di tutti i suoi maggior baroni e molte cose in laude del suo valor dette, comandò che da ciascun, che la sua grazia avesse cara, cosí onorato fosse come la sua persona. Il che da quindi innanzi ciascun fece ma molto piú che gli altri i due
signori
li quali compagni erano stati del
Saladino
in casa sua.
[060]
L'altezza della subita gloria, nella quale
messer Torel
si vide, alquanto le cose di
Lombardia
gli trassero della mente e massimamente per ciò che sperava fermamente le sue lettere dovere essere al
zio
pervenute.
[061]
Era nel campo o vero essercito de' cristiani, il dí che dal
Saladin
furon presi, morto e sepellito un cavalier provenzale di piccol valore, il cui nome era
messer Torel di Dignes
; per la qual cosa, essendo
messer Torel di Stra
per la sua nobiltà per lo essercito conosciuto, chiunque udí dire:
Messer Torello
è morto
credette di
messer Torel di Stra
e non di
quel di Dignes
; e il caso, che sopravenne, della presura non lasciò sgannar gl'ingannati;
[062]
per che molti italici tornarono con questa novella, tra' quali furon de' sí presuntuosi che ardiron di dire sé averlo veduto morto e essere stati alla sepoltura.
[063]
La qual cosa saputa dalla
donna
e da' parenti di lui fu di grandissima e inestimabile doglia cagione non solamente a loro, ma a ciascuno che conosciuto l'avea.
[064]
Lungo sarebbe a mostrare qual fosse e quanto il dolore e la tristizia e 'l pianto della sua
donna
; la quale dopo alquanti mesi che con tribulazion continua doluta s'era e a men dolersi avea cominciato, essendo ella da' maggiori uomini di
Lombardia
domandata, da' fratelli e dagli altri suoi parenti fu cominciata a sollicitar di maritarsi. Il che ella molte volte e con grandissimo pianto avendo negato, costretta alla fine le convenne far quello che vollero i suoi parenti, con questa condizione, che ella dovesse stare senza a marito andarne tanto quanto ella aveva promesso a
messer Torello
.
[065]
Mentre in
Pavia
eran le cose della
donna
in questi termini e già forse otto dí al termine del doverne ella andare a marito eran vicini, avvenne che
messer Torello
in Alessandria vide un dí
uno
il quale veduto avea con gli ambasciador genovesi montar sopra la galea che a
Genova
ne venia; per che, fattolsi chiamare, il domandò che viaggio avuto avessero e quando a
Genova
fosser giunti.
[066]
Al quale costui disse:
Signor mio, malvagio viaggio fece la galea, sí come in
Creti
senti', là dove io rimasi; per ciò che, essendo ella vicina di
Cicilia
, si levò una tramontana pericolosa che nelle secche di
Barbaria
la percosse, né ne scampò testa, e intra gli altri due miei fratelli vi perirono
.
[067]
Messer Torello
, dando alle parole di
costui
fede, ch'eran verissime, e ricordandosiche il termine ivi a pochi dí finiva da lui domandato alla
donna
e avvisando niuna cosa di suo stato doversi sapere a
Pavia
, ebbe per constante
la donna
dovere essere rimaritata; di che egli in tanto dolor cadde, che, perdutone il mangiare e a giacer postosi, diliberò di morire.
[068]
La qual cosa come
il Saladin
sentí, che sommamente l'amava, venne da lui. Dopo molti prieghi e grandi fattigli, saputa la cagion del suo dolore e della sua infermità, il biasimò molto che avanti non gliele aveva detto e appresso il pregò che si confortasse, affermandogli che, dove questo facesse, egli adopererebbe sí, che egli sarebbe in
Pavia
al termine dato; e dissegli come.
[069]
Messer Torello
, dando fede alle parole del
Saladino
e avendo molte volte udito dire che ciò era possibile e fatto s'era assai volte, s'incominciò a confortare e a sollecitare
il Saladino
che di ciò si diliberasse.
[070]
Il Saladino
a un suo
nigromante
, la cui arte già espermentata aveva, impose che egli vedesse via come
messer Torello
sopra un letto in una notte fosse portato a
Pavia
; a cui il nigromante rispose che ciò saria fatto, ma che egli per ben di lui il facesse dormire.
[071]
Ordinato questo, tornò
il Saladino
a
messer Torello
: e trovandol del tutto disposto a voler pure essere in
Pavia
al termine dato, se esser potesse, e se non potesse, a voler morire, gli disse cosí:
[072]
Messer Torello
, se voi affettuosamente amate
la donna
vostra e che ella d'altrui non divegna dubitate, sallo Idio che io in parte alcuna non ve ne so riprendere, per ciò che di quante donne mi parve veder mai ella è colei li cui costumi, le cui maniere e il cui abito, lasciamo star la bellezza che è fior caduco, piú mi paion da commendare e da aver care.
[073]
Sarebbemi stato carissimo, poi che la fortuna qui v'aveva mandato, che quel tempo, che voi e io viver dobbiamo, nel governo del regno che io tengo parimente signori vivuti fossimo insieme:
[074]
e se questo pur non mi dovea esser conceduto da Dio, dovendovi questo cader nell'animo o di morire o di ritrovarvi al termine posto in
Pavia
, sommamente avrei disiderato d'averlo saputo a tempo che io con quello onore, con quella grandezza, con quella compagnia che la vostra vertú merita v'avessi fatto porre a casa vostra; il che poi che conceduto non è e voi pur disiderate d'esser là di presente, come io posso, nella forma che detto v'ho, ve ne manderò
.
[075]
Al quale
messer Torel
disse:
Signor
mio, senza le vostre parole m'hanno gli effetti assai dimostrata della vostra benivolenzia, la quale mai da me in sí suppremo grado non fu meritata, e di ciò che voi dite, eziandio non dicendolo, vivo e morrò certissimo; ma poi che cosí preso ho per partito, io vi priego che quello che mi dite di fare si faccia tosto, per ciò che domane è l'ultimo dí che io debbo essere aspettato
.
[076]
Il Saladino
disse che ciò senza fallo era fornito: e il seguente dí, attendendo di mandarlo via la vegnente notte, fece
il Saladin
fare in una gran sala un bellissimo e ricco letto di materassi tutti, secondo la loro usanza, tutti di velluti e di drappi a oro, e fecevi por suso una coltre lavorata a certi compassi di perle grossissime e di carissime pietre preziose, la qual fu poi di qua stimata infinito tesoro, e due guanciali quali a cosí fatto letto si richiedeano;
[077]
e questo fatto, comandò che a
messer Torello
, il quale era già forte, fosse messa indosso una roba alla guisa saracinesca, la piú ricca e la piú bella cosa che mai fosse stata veduta per alcuno, e in testa alla lor guisa una delle sue lunghissime bende ravolgere.
[078]
E essendo già l'ora tarda,
il Saladino
con molti de' suoi baroni nella camera là dove
messer Torello
era se n'andò, e postoglisi a sedere allato, quasi lagrimando a dir cominciò:
[079]
Messer Torello
, l'ora che da voi divider mi dee s'appressa, e per ciò che io non posso né accompagnarvi né farvi accompagnare per la qualità del cammino che a fare avete, che nol sostiene, qui in camera da voi mi conviene prender commiato, al qual prendere venuto sono.
[080]
E per ciò, prima che io a Dio vi comandi, vi priego per quello amore e per quella amistà la quale è tra noi, che di me vi ricordi; e, se possibile è, anzi che i nostri tempi finiscano, che voi, avendo in ordine poste le vostre cose di
Lombardia
, una volta almeno a veder mi vegniate, acciò che io possa in quella, essendomi d'avervi veduto rallegrato, quel diletto supplire che ora per la vostra fretta mi convien commettere;
[081]
e infino che questo avvenga non vi sia grave visitarmi con lettere e di quelle cose che vi piaceranno richiedermi, ché piú volentier per voi che per alcuno uom che viva le farò certamente
.
[082]
Messer Torello
non poté le lagrime ritenere: e per ciò da quelle impedito con poche parole rispose impossibil che mai i suoi benefici e il suo valore di mente gli uscissero e che senza fallo quello che egli gli comandava farebbe, dove tempo gli fosse prestato.
[083]
Per che
il Saladino
, teneramente abbracciatolo e basciatolo, con molte lagrime gli disse
Andate con Dio
e della camera s'uscí; e gli altri baroni appresso tutti da lui s'acommiatarono e col
Saladino
in quella sala ne vennero là dove egli avea fatto il letto acconciare.
[084]
Ma essendo già tardi e
il nigromante
aspettando lo spaccio e affrettandolo, venne un medico con un beveraggio e, fattogli vedere che per fortificamento di lui gliele dava, gliel fece bere; né stette guari che adormentato fu.
[085]
E cosí dormendo, fu portato per comandamento del
Saladino
in su il bel letto, sopra il quale esso una grande e bella corona pose di gran valore e sí la segnò, che apertamente fu poi compreso quella dal
Saladino
alla
donna
di
messer Torello
esser mandata.
[086]
Appresso mise in dito a
messer Torello
uno anello nel quale era legato un carbunculo tanto lucente, che un torchio acceso pareva, il valor del quale appena si poteva stimare; quindi gli fece una spada cignere il cui guernimento non si saria di leggieri apprezzato; e oltre a questo un fermaglio gli fé davanti appiccare nel qual erano perle mai simili non vedute con altre care pietre assai; e poi da ciascun de' lati di lui due grandissimi bacin d'oro pieni di doble fé porre, e molte reti di perle e anella e cinture e altre cose, le quali lungo sarebbe a raccontare, gli fece metter da torno.
[087]
E questo fatto, da capo basciò
messer Torello
e al nigromante disse che si spedisse; per che incontanente in presenzia del
Saladino
il letto con tutto
messer Torello
fu tolto via, e
il Saladino
co' suoi baroni di lui ragionando si rimase.
[088]
Era già nella
chiesa di San Piero in Ciel d'Oro
di
Pavia
, sí come dimandato avea, stato posato
messer Torello
con tutti i sopradetti gioielli e ornamenti, e ancor si dormiva, quando sonato già il matutino il
sagrestano
nella chiesa entrò con un lume in mano, e occorsegli subitamente di vedere il ricco letto. Non solamente si maravigliò ma avuta grandissima paura indietro fuggendo si tornò. Il quale
l'abate
e'
monaci
veggendo fuggire si maravigliarono e domandaron della cagione. Il monaco la disse.
[089]
Oh!
disse
l'abate
e sí non se' tu oggimai fanciullo né se' in questa
chiesa
nuovo, che tu cosí leggiermente spaventar ti debbi: ora andiam noi, veggiamo chi t'ha fatto baco
.
[090]
Accesi adunque piú lumi,
l'abate
con tutti i suoi
monaci
nella chiesa entrati videro questo letto cosí maraviglioso e ricco e sopra quello
il cavalier
che dormiva; e mentre dubitosi e timidi, senza punto al letto accostarsi, le nobili gioie riguardavano, avvenne che, essendo la vertú del beveraggio consumata, che
messer Torel
destatosi gittò un gran sospiro.
[091]
Li monaci come questo videro, e
l'abate
con loro, spaventati e gridando
Domine aiutaci
tutti fuggirono.
[092]
Messer Torello
, aperti gli occhi e da torno guardatosi, conobbe manifestamente sé essere là dove al
Saladino
domandato avea, di che forte fu seco contento: per che, a seder levatosi e partitamente guardando ciò che da torno avea, quantunque prima avesse la magnificenzia del
Saladin
conosciuta, ora gli parve maggiore e piú la conobbe.
[093]
Non per tanto, senza altramenti mutarsi, sentendo i monaci fuggire e avvisatosi il perché, cominciò per nome a chiamar
l'abate
e a pregarlo che egli non dubitasse, per ciò che egli era
Torel
suo nepote.
[094]
L'abate
, udendo questo, divenne piú pauroso, come colui che per morto l'avea dimolti mesi innanzi; ma dopo alquanto, da veri argomenti rassicurato, sentendosi pur chiamare, fattosi il segno della santa croce andò a lui.
[095]
Al quale
messer Torel
disse:
O padre mio, di che dubitate voi? Io son vivo, la Dio mercé, e qui d'oltremar ritornato
.
[096]
L'abate
, con tutto che egli avesse la barba grande e in abito arabesco fosse, pure dopo alquanto il raffigurò: e rassicuratosi tutto il prese per la mano e disse:
Figliuol
mio, tu sii il ben tornato
e seguitò:
Tu non ti dei maravigliare della nostra paura, per ciò che in questa terra non ha uomo che non creda fermamente che tu morto sii, tanto che io ti so dire che
madonna Adalieta
tua moglie, vinta da' prieghi e dalle minacce de' parenti suoi e contra suo volere, è rimaritata; e questa mattina ne dee ire al nuovo marito, e le nozze e ciò che a festa bisogno fa è apparecchiato
.
[097]
Messer Torello
, levatosi di 'n su il ricco letto e fatta all'
abate
e a'
monaci
maravigliosa festa, ognun pregò che di questa sua tornata con alcun non parlasse infino a tanto che egli non avesse una sua bisogna fornita. Appresso questo, fatto le ricche gioie porre in salvo, ciò che avvenuto gli fosse infino a quel punto raccontò all'abate.
[098]
L'abate, lieto delle sue fortune, con lui insieme rendé grazie a Dio. Appresso questo domandò
messer Torel
l'abate chi fosse
il nuovo marito
della sua
donna
. L'abate gliele disse.
[099]
A cui
messer Torel
disse:
Avanti che di mia tornata si sappia, io intendo di veder che contenenza fia quella di mia
mogliere
in queste nozze; e per ciò, quantunque usanza non sia le persone religiose andare a cosí fatti conviti, io voglio che per amor di me voi ordiniate che noi v'andiamo
.
[100]
L'abate
rispose che volentieri; e come giorno fu fatto mandò al nuovo
sposo
dicendo che con un compagno voleva essere alle sue nozze; a cui il gentile uom rispose che molto gli piacea.
[101]
Venuta dunque l'ora del mangiare,
messer Torello
in quello abito che era con l'abate se n'andò alla casa del novello sposo, con maraviglia guatato da chiunque il vedeva ma riconosciuto da nullo; e l'abate a tutti diceva lui essere un saracino mandato dal
soldano
al
re di Francia
ambasciadore.
[102]
Fu adunque
messer Torello
messo a una tavola appunto rimpetto alla
donna
sua, la quale egli con grandissimo piacer riguardava, e nel viso gli pareva turbata di queste nozze. Ella similmente alcuna volta guardava lui non già per riconoscenza alcuna che ella n'avesse, ché la barba grande e lo strano abito e la ferma credenza che aveva che egli fosse morto gliele toglievano.
[103]
Ma poi che tempo parve a
messer Torello
di volerla tentare se di lui si ricordasse, recatosi in mano l'anello che dalla donna nella sua partita gli era stato donato, si fece chiamare un giovinetto che davanti a lei serviva e dissegli:
[104]
Dí da mia parte alla nuova sposa che nelle mie contrade s'usa, quando alcun forestier, come io son qui, mangia al convito d'alcuna sposa nuova, come ella è, in segno d'aver caro che egli venuto vi sia a mangiare ella la coppa con la quale bee gli manda piena di vino; con la qual poi che il forestiere ha bevuto quello che gli piace, ricoperchiata la coppa, la sposa bee il rimanente
.
[105]
Il giovinetto fé l'ambasciata alla
donna
, la quale, sí come costumata e savia, credendo costui essere un gran barbassoro, per mostrare d'avere a grado la sua venuta, una gran coppa dorata la qual davanti avea comandò che lavata fosse e empiuta di vino e portata al gentile uomo; e cosí fu fatto.
[106]
Messer Torello
, avendosi l'anello di lei messo in bocca, sí fece che bevendo il lasciò cader nella coppa, senza avvedersene alcuno, e poco vino lasciatovi quella ricoperchiò e mandò alla donna.
[107]
La quale presala, acciò che l'usanza da lui compiesse, scoperchiatala, se la mise a bocca e vide l'anello e senza dire alcuna cosa alquanto il riguardò: e riconosciuto che egli era quello che dato avea nel suo partire a
messer Torello
, presolo e fiso guardato colui il qual forestier credeva e già conoscendolo, quasi furiosa divenuta fosse gittata in terra la tavola che davanti aveva, gridò:
Questi è il mio signore, questi veramente è
messer Torello
!
[108]
E corsa alla tavola alla quale esso sedeva, senza avere riguardo a' suoi drappi o a cosa che sopra la tavola fosse, gittatasi oltre quanto poté, l'abracciò strettamente, né mai dal suo collo fu potuta, per detto o per fatto d'alcuno che quivi fosse, levare infino a tanto che per
messer Torello
non le fu detto che alquanto sopra sé stesse, per ciò che tempo da abracciarlo le sarebbe ancora prestato assai.
[109]
Allora ella dirizzatasi, essendo già le nozze tutte turbate e in parte piú liete che mai per lo racquisto d'un cosí fatto
cavaliere
, pregandone egli, ogn'uomo stette cheto; per che
messer Torello
dal dí della sua partita infino a quel punto ciò che avvenuto gli era a tutti narrò, conchiudendo che al
gentile uomo
, il quale, lui morto credendo, aveva la sua donna per moglie presa, se egli essendo vivo la si ritoglieva, non doveva spiacere.
[110]
Il nuovo sposo, quantunque alquanto scornato fosse, liberamente e come amico rispose che delle sue cose era nel suo volere quel farne che piú le piacesse.
[111]
La donna
e l'anella e la corona avute dal nuovo sposo quivi lasciò e quello che della coppa aveva tratto si mise e similmente la corona mandatale dal
soldano
: e usciti della casa dove erano, con tutta la pompa delle nozze infino alla casa di
messer Torel
se n'andarono; e quivi gli sconsolati amici e parenti e tutti i cittadini, che quasi per un miracolo il riguardavano, con lunga e lieta festa racconsolarono.
[112]
Messer Torello
, fatta delle sue care gioie parte a colui che avute avea le spese delle nozze e all'
abate
e a molti altri, e per piú d'un messo significata la sua felice repatriazione al
Saladino
, suo amico e suo servidor ritenendosi, piú anni con la sua valente
donna
poi visse, piú cortesia usando che mai.
[113]
Cotale adunque fu il fin delle noie di
messer Torello
e di quelle della sua cara
donna
e il guiderdone delle lor liete e preste cortesie; le quali molti si sforzan di fare che, benché abbian di che, sí mal far le sanno, che prima le fanno assai piú comperar che non vagliono, che fatte l'abbiano: per che, se loro merito non ne segue, né essi né altri maravigliar se ne dee.