Novella Quinta
[Voice: neifile]
[001]
Guidotto da Cremona
lascia a
Giacomin da Pavia
una fanciulla, e muorsi; la quale
Giannol di Severino
e
Minghino di Mingole
amano in
Faenza
; azzuffansi insieme; riconoscesi la fanciulla esser sirocchia di
Giannole
, e dassi per moglie a
Minghino
.
[002]
Aveva ciascuna donna, la novella dell'usignolo ascoltando, tanto riso, che ancora, quantunque
Filostrato
ristato fosse di novellare, non per ciò esse di ridere si potevan tenere. Ma pur, poi che alquanto ebber riso, la
reina
disse:
Sicuramente, se tu ieri ci affliggesti, tu ci hai oggi tanto dileticate, che niuna meritamente piú di te si dee ramaricare.
E avendo a Neifile le parole rivolte, le 'mpose che novellasse; la quale lietamente cosí cominciò a parlare:
[003]
Poi che
Filostrato
ragionando in
Romagna
è intrato, a me per quella similmente gioverà d'andare alquanto spaziandomi col mio novellare.
[004]
Dico adunque che già nella città di
Fano
due lombardi abitarono, de' quali l'un fu chiamato
Guidotto da Cremona
e l'altro
Giacomin da Pavia
, uomini omai attempati e stati nella lor gioventudine quasi sempre in fatti d'arme e soldati.
[005]
Dove, venendo a morte
Guidotto
, e niuno figliuolo avendo né altro amico o parente di cui piú si fidasse che di
Giacomin
facea, una sua fanciulla d'età forse di dieci anni, e ciò che egli al mondo avea, molto de' suoi fatti ragionatogli, gli lasciò, e morissi.
[006]
Avvenne in questi tempi che la città di
Faenza
, lungamente in guerra e in mala ventura stata, alquanto in miglior disposizion ritornò, e fu a ciascun che ritornar vi volesse liberamente conceduto il potervi tornare; per la qual cosa
Giacomino
, che altra volta dimorato v'era, e piacendogli la stanza, là con ogni sua cosa si tornò, e seco ne menò la fanciulla lasciatagli da
Guidotto
, la quale egli come propria figliuola amava e trattava.
[007]
La quale crescendo divenne bellissima
giovane
quanto alcuna altra che allora fosse nella città; e cosí come era bella, era costumata e onesta: per la qual cosa da diversi fu cominciata a vagheggiare, ma sopra tutti due giovani assai leggiadri e da bene igualmente le posero grandissimo amore, in tanto che per gelosia insieme si 'ncominciarono ad avere in odio fuor di modo: e chiamavasi l'un
Giannole di Severino
, e l'altro
Minghino di Mingole
.
[008]
Né era alcuno di loro, essendo ella d'età di quindici anni, che volentieri non l'avesse per moglie presa, se da' suoi parenti fosse stato sofferto; per che, veggendolasi per onesta cagione vietare, ciascuno a doverla, in quella guisa che meglio potesse, avere si diede a procacciare.
[009]
Aveva
Giacomino
in casa una
fante
attempata e un
fante
che
Crivello
aveva nome, persona sollazzevole e amichevole assai; col quale
Giannole
dimesticatosi molto, quando tempo gli parve, ogni suo amore discoperse, pregandolo che a dovere il suo disidero ottenere gli fosse favorevole, gran cose se ciò facesse promettendogli.
[010]
Al quale
Crivello
disse:
Vedi, in questo io non potrei per te altro adoperare se non che quando
Giacomino
andasse in alcuna parte a cenare, metterti là dove ella fosse, per ciò che, volendole io dir parole per te, ella non mi starebbe mai a ascoltare. Questo s'el ti piace, io il ti prometto, e farollo; fa tu poi, se tu sai, quello che tu creda che bene stea.
[011]
Giannole
disse che piú non volea, e in questa concordia rimase.
[012]
Minghino
d'altra parte aveva dimesticata la
fante
, e con lei tanto adoperato che ella avea piú volte ambasciate portate alla fanciulla, e quasi del suo amore l'aveva accesa; e oltre a questo gli aveva promesso di metterlo con lei, come avvenisse che
Giacomino
per alcuna cagione da sera fuori di casa andasse.
[013]
Avvenne adunque, non molto tempo appresso queste parole, che, per opera di
Crivello
,
Giacomino
andò con un suo amico a cenare; e fattolo sentire a
Giannole
, compose con lui che, quando un certo cenno facesse, egli venisse e troverrebbe l'uscio aperto.
[014]
La
fante
d'altra parte, niente di questo sappiendo, fece sentire a
Minghino
che
Giacomino
non vi cenava, e gli disse che presso della casa dimorasse sí, che quando vedesse un segno ch'ella farebbe, egli venisse ed entrassesene dentro.
[015]
Venuta la sera, non sappiendo i due amanti alcuna cosa l'un dell'altro, ciascun, sospettando dell'altro, con certi compagni armati a dovere entrare in tenuta andò:
Minghino
co' suoi, a dovere il segno aspettare, si ripose in casa d'un suo amico vicin della giovine;
Giannole
co' suoi alquanto dalla casa stette lontano.
[016]
Crivello
e la
fante
, non essendovi
Giacomino
, s'ingegnavano di mandare l'un l'altro via.
Crivello
diceva alla fante:
Come non ti vai tu a dormire oramai? Che ti vai tu pure avviluppando per casa?
[017]
E la
fante
diceva a lui:
Ma tu perché non vai per signorto? Che aspetti tu oramai qui, poi hai cenato?
[018]
E cosí l'uno non poteva l'altro far mutare di luogo.
[019]
Ma
Crivello
, conoscendo l'ora posta con
Giannole
esser venuta, disse seco:
Che curo io di costei? Se ella non istarà cheta, ella potrà aver delle sue;
e fatto il segno posto andò ad aprir l'uscio, e
Giannole
prestamente venuto con due de' compagni andò dentro, e trovata la
giovane
nella sala la presono per menarla via.
[020]
La giovane cominciò a resistere e a gridar forte, e la
fante
similmente; il che sentendo
Minghino
, prestamente co' suoi compagni là corse; e veggendo la giovane già fuori dell'uscio tirare, tratte le spade fuori, gridarono tutti:
Ahi traditori, voi siete morti; la cosa non andrà cosí: che forza è questa?
; e questo detto, gl'incominciarono a ferire.
[021]
E d'altra parte la vicinanza uscita fuori al romore e co' lumi e con arme, cominciarono questa cosa a biasimare e ad aiutar
Minghino
; per che, dopo lunga contesa,
Minghino
tolse la
giovane
a
Giannole
, e rimisela in casa di
Giacomino
. Né prima si partí la mischia che i sergenti del capitan della terra vi sopraggiunsero e molti di costoro presero; e fra gli altri furono presi
Minghino
e
Giannole
e
Crivello
, e in prigione menatine.
[022]
Ma poi racquietata la cosa e
Giacomino
essendo tornato; e, di questo accidente molto malinconoso, essaminando come stato fosse e trovato che in niuna cosa la giovane aveva colpa, alquanto si diè piú pace, proponendo seco, acciò che piú simil caso non avvenisse, di doverla come piú tosto potesse maritare.
[023]
La mattina venuta, i parenti dell'una parte e dell'altra, avendo la verità del fatto sentita e conoscendo il male che a' presi giovani ne poteva seguire, volendo
Giacomino
quello adoperare che ragionevolmente avrebbe potuto, furono a lui, e con dolci parole il pregarono che alla ingiuria ricevuta dal poco senno de' giovani non guardasse tanto, quanto all'amore e alla benivolenza la quale credevano che egli a loro che il pregavano portasse, offerendo appresso sé medesimi e i giovani che il male avevan fatto ad ogni ammenda che a lui piacesse di prendere.
[024]
Giacomino
, il qual de' suoi dí assai cose vedute avea ed era di buon sentimento, rispose brievemente:
Signori, se io fossi a casa mia come io sono alla vostra, mi tengo io sí vostro amico, che né di questo né d'altro io non farei se non quanto vi piacesse;
[025]
e oltre a questo piú mi debbo a' vostri piaceri piegare in quanto voi a voi medisimi avete offeso, per ciò che questa
giovane
, forse come molti stimano, non è da
Cremona
né da
Pavia
, anzi è faentina, come che io né ella né colui da cui io l'ebbi non sapessimo mai di cui si fosse figliuola: per che di quello che pregate tanto sarà per me fatto quanto me ne imporrete
.
[026]
I valenti uomini, udendo costei esser di
Faenza
, si maravigliarono; e rendute grazie a
Giacomino
della sua liberale risposta, il pregarono che gli piacesse di dover lor dire come costei alle mani venuta gli fosse, e come sapesse lei esser faentina;
[027]
a' quali
Giacomin
disse:
Guidotto da Cremona
fu mio compagno e amico, e venendo a morte mi disse che quando questa città da
Federigo Imperatore
fu presa, andataci a ruba ogni cosa, egli entrò co' suoi compagni in una casa, e quella trovò di roba piena esser dagli abitanti abbandonata, fuor solamente da questa fanciulla, la quale d'età di due anni o in quel torno, lui sagliente su per le scale chiamò padre.
[028]
Per la qual cosa a lui venuta di lei compassione, insieme con tutte le cose della casa seco ne la portò a
Fano
, e quivi morendo, con ciò che egli avea costei mi lasciò, imponendomi che, quando tempo fosse, io la maritassi e quello che stato fosse suo le dessi in dota.
[029]
E venuta nell'età da marito, non m'è venuto fatto di poterla dare a persona che mi piaccia; fare'l volentieri, anzi che altro caso simile a quel d'iersera me n'avvenisse.
[030]
Era quivi intra gli altri un
Guiglielmino da Medicina
, che con
Guidotto
era stato a questo fatto, e molto ben sapeva la cui casa stata fosse quella che
Guidotto
avea rubata; e vedendolo ivi tra gli altri, gli s'accostò e disse:
Bernabuccio
, odi tu ciò che
Giacomin
dice?
[031]
Disse
Bernabuccio
:
Sí; e testé vi pensava piú, per ciò ch'io mi ricordo che in quegli rimescolamenti io perdei una figlioletta di quella età che
Giacomin
dice.
[032]
A cui
Guiglielmino
disse:
Per certo questa è dessa, per ciò ch'io mi trovai già in parte ove io udii a
Guidotto
divisare dove la ruberia avesse. fatta, e conobbi che la tua casa era stata; è per ciò ramemorati se a alcun segnale riconoscer la credessi, e fanne cercare, ché tu troverrai fermamente che ella è tua figliuola.
[033]
Per che, pensando
Bernabuccio
, si ricordò lei dovere avere una margine a guisa d'una crocetta sopra l'orecchia sinistra, stata d'una nascenza che fatta gli avea poco davanti a quello accidente tagliare; per che, senza alcuno indugio pigliare, accostatosi a
Giacomino
che ancora era quivi, il pregò che in casa sua il menasse e veder gli facesse questa
giovane
.
[034]
Giacomino
il vi menò volentieri, e lei fece venire dinanzi da lui. La quale come
Bernabuccio
vide, cosí tutto il viso della madre di lei, che ancora bella donna era, gli parve vedere; ma pur, non stando a questo, disse a
Giacomino
che di grazia voleva da lui poterle un poco levare i capelli sopra la sinistra orecchia; di che
Giacomino
fu contento.
[035]
Bernabuccio
, accostatosi a lei che vergognosamente stava, levati colla man dritta i capelli, la croce vide; laonde, veramente conoscendo lei esser la sua figliuola, teneramente cominciò a piagnere e ad abbracciarla, come che ella si contendesse.
[036]
E volto a
Giacomin
disse:
Fratel mio, questa è mia figliuola; la mia casa fu quella che fu da
Guidotto
rubata, e costei nel furor subito vi fu dentro dalla mia donna e sua madre dimenticata, e infino a qui creduto abbiamo che costei, nella casa che mi fu quel dí stesso arsa, ardesse.
[037]
La
giovane
, udendo questo e vedendolo uomo attempato e dando alle parole fede e da occulta virtú mossa, sostenendo li suoi abbracciamenti, con lui teneramente cominciò a piagnere.
[038]
Bernabuccio
di presente mandò per la madre di lei e per altre sue parenti e per le sorelle e per li fratelli di lei, e a tutti mostratala e narrando il fatto, dopo mille abbracciamenti fatta la festa grande, essendone
Giacomino
forte contento, seco a casa sua ne la menò.
[039]
Saputo questo il capitano della città, che valoroso uomo era, e conoscendo che
Giannole
, cui preso tenea, figliuolo era di
Bernabuccio
e fratel carnale di costei, avvisò di volersi del fallo commesso da lui mansuetamente passare; e intromessosi in queste cose con
Bernabuccio
e con
Giacomino
, insieme a
Giannole
e a
Minghino
fece far pace; e a
Minghino
, con gran piacer di tutti i suoi parenti, diede per moglie la giovane, il cui nome era
Agnesa
, e con loro insieme liberò
Crivello
e gli altri che impacciati v'erano per questa cagione.
[040]
E
Minghino
appresso lietissimo fece le nozze belle e grandi, e a casa menatalasi, con lei in pace e in bene poscia piú anni visse.