Conclusione
[Voice: author]
[001]
Quanto di questa novella si ridesse, meglio dalle donne intesa che
Dioneo
non voleva, colei sel pensi che ancora ne riderà.
[002]
Ma essendo le novelle finite e il sole già cominciando a intiepidire, e la
reina
, conoscendo il fine della sua signoria esser venuto, in piè levatasi e trattasi la corona, quella in capo mise a
Panfilo
, il quale solo di cosí fatto onore restava ad onorare, e sorridendo disse:
Signor mio, gran carico ti resta, sí come è l'avere il mio difetto e degli altri che il luogo hanno tenuto che tu tieni, essendo tu l'ultimo, a emandare: di che Idio ti presti grazia, come a me l'ha prestato di farti re.
[003]
Panfilo
, lietamente l'onor ricevuto, rispose:
La vostra virtú e degli altri miei subditi farà sí, che io, come gli altri sono stati, sarò da lodare
; e secondo il costume de' suoi predecessori col siniscalco delle cose oportune avendo disposto, alle donne aspettanti si rivolse e disse:
[004]
Innamorate donne, la discrezion d'
Emilia
, nostra reina stata questo giorno, per dare alcun riposo alle vostre forze arbitrio vi diè di ragionare quel che piú vi piacesse; per che, già riposati essendo, giudico che sia da ritornare alla legge usata, e per ciò voglio che domane ciascuna di voi pensi di ragionare sopra questo, cioè:
di chi liberalmente ovvero magnificamente alcuna cosa operasse intorno a' fatti d'amore o d'altra cosa
.
[005]
Queste cose e dicendo e udendo senza dubbio gli animi vostri ben disposti a valorosamente adoperare accenderà: ché la vita nostra, che altro che brieve esser non puote nel mortal corpo, si perpetuerà nella laudevole fama; il che ciascuno che al ventre solamente, a guisa che le bestie fanno, non serve, dee non solamente desiderare ma con ogni studio cercare e operare.
[006]
La tema piacque alla lieta brigata, la quale con licenzia del nuovo re tutta levatasi da sedere, agli usati diletti si diede, ciascuno secondo quello a che piú dal desidero era tirato;
[007]
e cosí fecero insino all'ora della cena. Alla quale con festa venuti, e serviti diligentemente e con ordine, dopo la fine di quella si levarono a' balli costumati, e forse mille canzonette piú sollazzevoli di parole che di canto maestrevoli avendo cantate, comandò il re a
Neifile
che una ne cantasse a suo nome; la quale con voce chiara e lieta cosí piacevolmente e senza indugio incominciò:
[008]
Io mi son giovinetta, e volentieri
m'allegro e canto en la stagion novella,
merzé d'amore e de' dolci pensieri.
[009]
Io vo pe' verdi prati riguardando
i bianchi fiori e' gialli e i vermigli,
le rose in su le spine e' bianchi gigli,
e tutti quanti gli vo somigliando
al viso di colui che me amando
ha presa e terrà sempre, come quella
ch'altro non ha in disio che' suoi piaceri.
[010]
De' quali quand'io ne truovo alcun che sia,
al mio parer, ben simile di lui,
il colgo e bascio e parlomi con lui:
e com'io so, cosí l'anima mia
tututta gli apro e ciò che 'l cor disia:
quindi con altri il metto in ghirlandella
legato co' miei crin biondi e leggieri.
[011]
E quel piacer che di natura il fiore
agli occhi porge, quel simil mel dona
che s'io vedessi la propia persona
che m'ha accesa del suo dolce amore:
quel che mi faccia piú il suo odore
esprimer nol potrei con la favella,
ma i sospir ne son testimon veri.
[012]
Li quai non escon già mai del mio petto,
come dell'altre donne, aspri né gravi,
ma se ne vengon fuor caldi e soavi
e al mio amor sen vanno nel cospetto:
il qual, come gli sente, a dar diletto
di sé a me si move e viene in quella
ch'i' son per dir:
Deh! vien, ch'i' non disperi
.
[013]
Assai fu e dal
re
e da tutte le donne commendata la canzonetta di
Neifile
; appresso alla quale, per ciò che già molta notte andata n'era, comandò il re che ciascuno per infino al giorno s'andasse a riposare.