Introduzione

[Voice: author]

[002] Aveva la luna, essendo nel mezzo del cielo, perduti i raggi suoi, e già per la nuova luce vegnente ogni parte del nostro mondo era chiara, quando la reina levatasi, fatta la sua compagnia chiamare, alquanto con lento passo dal bel palagio , su per la rugiada spaziandosi, s'allontanarono, d'una e d'altra cosa varii ragionamenti tegnendo e della piú bellezza e della meno delle raccontate novelle disputando e ancora de' varii casi recitati in quelle rinnovando le risa, infino a tanto che, già piú alzandosi il sole e cominciandosi a riscaldare, a tutti parve di dover verso casa tornare: per che, voltati i passi, là se ne vennero. [003] E quivi, essendo già le tavole messe e ogni cosa d'erbucce odorose e di be' fiori seminata, avanti che il caldo surgesse piú, per comandamento della reina si misero a mangiare. E questo con festa fornito, avanti che altro facessero, alquante canzonette belle e leggiadre cantate, chi andò a dormire e chi a giucare a scacchi e chi a tavole; e Dioneo insieme con Lauretta di Troilo e di Criseida cominciarono a cantare.

[004] E già l'ora venuta del dovere a concistoro tornare, fatti tutti dalla reina chiamare, come usati erano dintorno alla fonte si posero a sedere; e volendo già la reina comandare la prima novella, avvenne cosa che ancora adivenuta non v'era, cioè che per la reina e per tutti fu un gran romore udito che per le fanti e' famigliari si faceva in cucina. [005] Laonde, fatto chiamare il siniscalco e domandato qual gridasse e qual fosse del romore la cagione, rispose che il romore era tra Licisca e Tindaro ma la cagione egli non sapea, sí come colui che pure allora giugnea per fargli star cheti, quando per parte di lei era stato chiamato. [006] Al quale la reina comandò che incontanente quivi facesse venire la Licisca e Tindaro ; li quali venuti, domandò la reina qual fosse la cagione del loro romore.

[007] Alla quale volendo Tindaro rispondere, la Licisca , che attempatetta era e anzi superba che no e in sul gridar riscaldata, voltatasi verso lui con un mal viso disse: Vedi bestia d'uom che ardisce, là dove io sia, a parlare prima di me! Lascia dir me, e alla reina rivolta disse: [008] Madonna, costui mi vuol far conoscere la moglie di Sicofante e, né piú né meno come se io con lei usata non fossi, mi vuol dare a vedere che la notte prima che Sicofante giacque con lei messer Mazza entrasse in Monte Nero per forza e con ispargimento di sangue; e io dico che non è vero, anzi v'entrò paceficamente e con gran piacer di quei d'entro. [009] E è ben sí bestia costui, che egli si crede troppo bene che le giovani sieno sí sciocche, che elle stieno a perdere il tempo loro stando alla bada del padre e de' fratelli, che delle sette volte le sei soprastanno tre o quatro anni piú che non debbono a maritarle. [010] Frate, bene starebbono se elle s'indugiasser tanto! Alla fé di Cristo, ché debbo sapere quello che io mi dico quando io giuro: io non ho vicina che pulcella ne sia andata a marito, e anche delle maritate so io ben quante e quali beffe elle fanno a' mariti: e questo pecorone mi vuol far conoscer le femine, come se io fossi nata ieri!

[011] Mentre la Licisca parlava, facevan le donne sí gran risa, che tutti i denti si sarebbero loro potuti trarre, e la reina l'aveva ben sei volte imposto silenzio ma niente valea: ella non ristette mai infino a tanto che ella ebbe detto ciò che ella volle.

[012] Ma poi che fatto ebbe alle parole fine, la reina ridendo, volta a Dioneo , disse: Dioneo , questa è quistion da te: e per ciò farai, quando finite fieno le nostre novelle, che tu sopr'essa dei sentenzia finale.

[013] Alla qual Dioneo prestamente rispose: Madonna , la sentenzia è data senza udirne altro: e dico che la Licisca ha ragione, e credo che cosí sia come ella dice, e Tindaro è una bestia.

[014] La qual cosa la Licisca udendo cominciò a ridere, e a Tindaro rivolta disse: Ben lo diceva io: vatti con Dio, credi tu saper piú di me tu, che non hai ancora rasciutti gli occhi? Gran mercé, non ci son vivuta invano io, no ; [015] e, se non fosse che la reina con un mal viso le 'mpose silenzio e comandolle che piú parola né romor facesse se esser non volesse scopata e lei e Tindaro mandò via, niuna altra cosa avrebbero avuta a fare in tutto quel giorno che attendere a lei. [016] Li quali poi che partiti furono, la reina impose a Filomena che alle novelle desse principio; la quale lietamente cosí cominciò.