Introduzione
Introduzione
[Voice: author]
[002] Carissime donne, sí per le parole de' savi uomini udite e sí per le cose da me molte volte e vedute e lette, estimava io che lo 'mpetuoso vento e ardente della invidia non dovesse percuotere se non l'alte torri o le piú levate cime degli alberi; ma io mi truovo dalla mia estimazione ingannato. [003] Per ciò che, fuggendo io e sempre essendomi di fuggire ingegnato il fiero impeto di questo rabbioso spirito, non solamente pe' piani ma ancora per le profondissime valli mi sono ingegnato d'andare; il che assai manifesto può apparire a chi le presenti novellette riguarda, le quali non solamente in fiorentin volgare e in prosa scritte per me sono e senza titolo, ma ancora in istilo umilissimo e rimesso quanto il piú si possono. [004] Né per tutto ciò l'essere da cotal vento fieramente scrollato, anzi presso che diradicato e tutto da' morsi della 'nvidia esser lacerato, non ho potuto cessare; per che assai manifestamente posso comprendere quello esser vero che sogliono i savi dire, che sola la miseria è senza invidia nelle cose presenti.
[005] Sono adunque, discrete donne, stati alcuni che, queste novellette leggendo, hanno detto che voi mi piacete troppo e che onesta cosa non è che io tanto diletto prenda di piacervi e di consolarvi, e alcuni han detto peggio, di commendarvi, come io fo. [006] Altri, piú maturamente mostrando di voler dire, hanno detto che alla mia età non sta bene l'andare omai dietro a queste cose, cioè a ragionar di donne o a compiacer loro. E molti, molto teneri della mia fama mostrandosi, dicono che io farei piú saviamente a starmi con le Muse in Parnaso che con queste ciance mescolarmi tra voi. [007] E son di quegli ancora che, piú dispettosamente che saviamente parlando, hanno detto che io farei piú discretamente a pensare dond'io dovessi aver del pane che dietro a queste frasche andarmi pascendo di vento. E certi altri in altra guisa essere state le cose da me raccontate che come io le vi porgo, s'ingegnano, in detrimento della mia fatica, di dimostrare.
[008] Adunque da cotanti e da cosí fatti soffiamenti, da cosí atroci denti, da cosí aguti, valorose donne, mentre io ne' vostri servigi milito, sono sospinto, molestato e infino nel vivo trafitto. [009] Le quali cose io con piacevole animo, sallo Iddio, ascolto e intendo; e quantunque a voi in ciò tutta appartenga la mia difesa, nondimeno io non intendo di risparmiar le mie forze; anzi, senza rispondere quanto si converrebbe, con alcuna leggiera risposta tormegli dagli orecchi, e questo far senza indugio. [010] Per ciò che, se già, non essendo io ancora al terzo della lo mia fatica venuto, essi sono molti e molto presummono, io avviso che avanti che io pervenissi alla fine essi potrebbono in guisa esser multiplicati, non avendo prima avuta alcuna repulsa, che con ogni piccola lor fatica mi metterebbono in fondo, né a ciò, quantunque elle sien grandi, resistere varrebbero le forze vostre. [011] Ma avanti che io venga a far la risposta a alcuno, mi piace in favor di me raccontare, non una novella intera, acciò che non paia che io voglia le mie novelle con quelle di cosí laudevole compagnia, quale fu quella che dimostrata v'ho, mescolare, ma parte d'una, acciò che il suo difetto stesso sé mostri non esser di quelle; e a' miei assalitori favelando dico
[012]
Che nella
[016]
Era usato il valente uomo di venire alcuna volta a
[017]
Ora avvenne che, essendo già il
Padre mio, voi siete oggimai vecchio e potete male durare fatica; perché non mi menate voi una volta a
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Il valente uomo, pensando che già questo suo
Costuidice bene;
per che, avendovi ad andare, seco il menò.
[019]
Quivi il
[021]
A cui il
Figliuol mio, bassa gli occhi in terra, non le guatare, ch'elle son mala cosa.
[022]
Disse allora il
O come si chiamano?
[023]
Il
Elle si chiamano papere.
[024]
Maravigliosa cosa a udire! Colui che mai piú alcuna veduta non avea, non curatosi de' palagi, non del bue, non del cavallo, non dell'asino, non de' danari né d'altra cosa che veduta avesse, subitamente disse:
Padre mio, io vi priego che voi facciate che io abbia una di quelle papere
.
[025]
Oimè, figliuol mio,
disse il
taci: elle son mala cosa
.
[026]
A cui il
O son cosí fatte le male cose?
[027]
Sí
disse il
[028]
E egli allora disse:
Io non so che voi vi dite, né perché queste sieno mala cosa: quanto è, a me non è ancora paruta vedere alcuna cosí bella né cosí piacevole come queste sono. Elle son piú belle che gli agnoli dipinti che voi m'avete piú volte mostrati. Deh! se vi cal di me, fate che noi ce ne meniamo una colà sú di queste papere, e io le darò beccare
.
[029]
Disse il
Io non voglio; tu non sai donde elle s'imbeccano!
e sentí incontanente piú aver di forza la natura che il suo ingegno; e pentessi d'averlo menato a
[030]
Ma avere infino a qui detto della presente novella voglio che mi basti, e a coloro rivolgermi alli quali l'ho raccontata. Dicono adunque alquanti de' miei riprensori che io fo male, o giovani donne, troppo ingegnandomi di piacervi, e che voi troppo piacete a me.
[031]
Le quali cose io apertissimamente confesso, cioè che voi mi piacete e che io m'ingegno di piacere a voi: e domandogli se di questo essi si maravigliano, riguardando, lasciamo stare gli aver conosciuti gli amorosi baciari e i piacevoli abbracciari e i congiugnimenti dilettevoli che di voi, dolcissime donne, sovente si prendono, ma solamente a aver veduto e veder continuamente gli ornati costumi e la vaga bellezza e l'ornata leggiadria e oltre a ciò la vostra donnesca onestà; quando colui che nudrito, allevato, accresciuto sopra un monte salvatico e solitario, infra li termini d'una piccola cella, senza altra compagnia che del
[032] Riprenderannomi, morderannomi, lacererannomi costoro se io, il corpo del quale il cielo produsse tutto atto a amarvi e io dalla mia puerizia l'anima vi disposi sentendo la vertú della luce degli occhi vostri, la soavità delle parole melliflue e la fiamma accesa da' pietosi sospiri, se voi mi piacete o se io di piacervi m'ingegno, e spezialmente guardando che voi prima che altro piaceste a un romitello, a un giovinetto senza sentimento, anzi a uno animal salvatico? Per certo chi non v'ama e da voi non disidera d'essere amato, sí come persona che i piaceri né la vertú della naturale affezione né sente né conosce, cosí mi ripiglia: e io poco me ne curo.
[033]
E quegli che contro alla mia età parlando vanno, mostra mal che conoscano che, perché il porro abbia il capo bianco, che la coda sia verde: a' quali, lasciando il motteggiar da l'un de' lati, rispondo che io mai a me vergogna non reputerò infino nello stremo della mia vita di dover compiacere a quelle cose alle quali
[035] Che io con le Muse in Parnaso mi debbia stare, affermo che è buon consiglio, ma tuttavia né noi possiam dimorare con le Muse né esse con esso noi; se quando avviene che l'uomo da lor si parte, dilettarsi di veder cosa che le somigli, questo non è cosa da biasimare. Le Muse son donne, e benché le donne quello che le Muse vagliono non vagliano, pure esse hanno nel primo aspetto simiglianza di quelle; sí che, quando per altro non mi piacessero, per quello mi dovrebber piacere. Senza che le donne già mi fur cagione di comporre mille versi, dove le Muse mai non mi furon di farne alcun cagione. [036] Aiutaronmi elle bene e mostraronmi comporre que' mille; e forse a queste cose scrivere, quantunque sieno umilissime, si sono elle venute parecchie volte a starsi meco, in servigio forse e in onore della simiglianza che le donne hanno a esse; per che, queste cose tessendo, né dal monte Parnaso né dalle Muse non mi allontano quanto molti per avventura s'avisano.
[037]
Ma che direm noi a coloro che della mia fame hanno tanta compassione che mi consigliano che io procuri del pane? Certo io non so; se non che, volendo meco pensare qual sarebbe la loro risposta se io per bisogno loro ne dimandassi, m'avviso che direbbono:
Va cercane trale favole.
[038]
E già piú ne trovarono tralle lor favole i poeti, che molti ricchi tra' lor tesori. E assai già, dietro alle lor favole andando, fecero la loro età fiorire, dove in contrario molti nel cercar d'aver piú pane che bisogno non era loro, perirono acerbi. Che piú? Caccinmi via questi cotali qualora io ne domando loro; non che, la Dio mercé, ancora non mi bisogna; e, quando pur sopravenisse il bisogno, io so, secondo l'Apostolo, abbondare e necessità sofferire; e per ciò a niun caglia piú di me che a me.
[039] Quegli che queste cose cosí non essere state dicono, avrei molto caro che essi recassero gli originali, li quali, se a quel che io scrivo discordanti fossero, giusta direi la loro riprensione e d'amendar me stesso m'ingegnerei; ma infino che altro che parole non apparisce, io gli lascerò con la loro oppinione, seguitando la mia, di loro dicendo quello che essi di me dicono.
[040] E volendo per questa volta assai aver risposto, dico che dallo aiuto di Dio e dal vostro, gentilissime donne, nel quale io spero, armato, e di buona pazienza, con esso procederò avanti, dando le spalle a questo vento e lasciandol soffiare; per ciò che io non veggio che di me altro possa avvenire, che quello che della minuta polvere avviene, la quale, spirante turbo, o egli di terra non la muove, o se la muove, la porta in alto, e spesse volte sopra le teste degli uomini, sopra le corone dei re e degli imperadori, e talvolta sopra gli alti palagi e sopra le eccelse torri la lascia; delle quali se ella cade, piú giú andar non può che il luogo onde levata fu. [041] E se mai con tutta la mia forza a dovervi in cosa alcuna compiacere mi disposi, ora piú che mai mi vi disporrò; per ciò che io conosco che altra cosa dir non potrà alcuna con ragione, se non che gli altri e io, che vi amiamo, naturalmente operiamo. Alle cui leggi, cioè della natura, voler contastare, troppe gran forze bisognano, e spesse volte non solamente in vano ma con grandissimo danno del faticante s'adoperano. [042] Le quali forze io confesso che io non l'ho né d'averle disidero in questo; e se io l'avessi, piú tosto ad altrui le presterrei che io per me l'adoperassi. Per che tacciansi i morditori, e se essi riscaldar non si possono, assiderati si vivano, e ne lori diletti, anzi appetiti corrotti standosi, me nel mio, questa brieve vita che posta n'è, lascino stare.
[043] Ma da ritornare è, per ciò che assai vagati siamo, o belle donne, là onde ci dipartimmo, e l'ordine cominciato seguire.
[044]
Cacciata aveva il sole del cielo già ogni stella e della terra l'umida ombra della notte, quando